Il friulano è una lingua romanza, presente in gran parte del Friuli, che è abitato da circa un milione di persone. La lingua friulana è utilizzata da più della metà della popolazione del Friuli – da 550mila a 650mila persone – e almeno altre 250mila ne hanno una conoscenza.
La lingua friulana è altresì diffusa, a livello familiare, ovunque (in Italia, in Europa e nel resto del mondo, in particolare in Canada, Argentina e Australia) si trovino emigranti friulani e loro discendenti. Si stima che a fronte di un Friuli “in Friuli” di circa un milione di persone, ne esiste uno “fuori dal Friuli” formato da almeno due milioni / due milioni e mezzo (o forse anche tre milioni) di persone di origini friulane, una parte delle quali ha ancora competenze nell'uso della lingua.
Fino all'Ottocento si parlavano varietà friulane anche fuori dal Friuli, a Trieste (il tergestino) e a Muggia (il muglisano), mentre ancora nel corso del secolo scorso il friulano era una lingua conosciuta e utilizzata (come “lingua de vicino”) presso le popolazioni slovene dell'alta Valle dell'Isonzo, a oriente e settentrione di Gorizia.
La sua individualità può essere riconosciuta sia in una serie di peculiarità morfologiche, fonologiche, lessicali, grammaticali e storiche sia nella percezione che del friulano hanno avuto e hanno non solo coloro che lo usavano e lo usano, attribuendo a questo comportamento sociale anche uno specifico valore identitario, ma anche coloro che erano o sono esterni alla comunità linguistica dei friulanofoni.
La fisionomia del friulano si modella a partire dall'Alto Medioevo, tra i secoli VI e X, analogamente a quella delle altre lingue romanze. Una traccia della particolare evoluzione del latino aquileiese si trova in una testimonianza documentale che risale al IV secolo, quando – secondo quanto riportato dal Liber de viris illustribus – il vescovo di Aquileia, Fortunaziano, provvedeva a redigere un commento ai Vangeli in quello che è chiamato rusticus sermo, cioè il linguaggio del popolo, già differenziato dalla lingua classica. Il profilo originale del friulano si rafforza dopo l'anno Mille, assorbendo nuovi elementi slavi e germanici, e si consolida ulteriormente nei secoli successivi, nel periodo in cui il Patriarcato di Aquileia assume anche un definito profilo politico e istituzionale. In particolare, a partire dal 1200, inizia a farsi strada una certa pratica di scrittura in volgare friulano, sia per la redazione di documenti di carattere amministrativo, contabile o notarile, sia per l'elaborazione di componimenti letterari.
L'originalità del friulano è già in quell'epoca ormai ben riconoscibile. A questo riguardo può essere ritenuto interessante il celebre passaggio del De Vulgari Eloquentia, nel quale Dante Alighieri mette in evidenza la particolarità di quell'idioma “barbarico”, i cui locutori «crudeliter accentuando ces fastu eructuant». Risale più o meno allo stesso periodo la testimonianza, che è presente nel Codice Vaticano Palatino 965 c. 240 del secolo XIV, in cui un anonimo viaggiatore definisce il Friuli provincia distinta dalle altre in virtù della sua lingua particolare, in quanto«nec latinam linguam habet, nec slavicam, nec teutonicam, sed ydioma proprium habet nulli italico ydiomati consimile» («non ha una lingua latina, né slava, né germanica, ma un idioma suo proprio che non è simile a nessuno di quelli italici»), aggiungendo che«tuttavia» essa «partecipa della lingua latina più di qualsiasi altra lingua a sé vicina» («Plus tamen participat de lingua Latina quam de quaecumque alia sibi propinqua»).
Si tratta, più o meno, di quanto scrive nel 1521 lo storico udinese Giovanni Candido nei suoi Commentariorum aquileiensium libri octo. Nei secoli successivi si registrano in più occasioni testimonianze di viaggiatori e mercanti che riconoscono e delimitano dall'esterno le specificità e l'alterità della lingua friulana, colpiti dal fatto che la popolazione del Friuli parlasse un idioma assai più vicino al francese, allo spagnolo, al catalano o ai patois occitani che all'italiano. Emblematico in tal senso quanto scrive l’umanista francese Claude Duret nel Thrésor de l’histoire des langues de cest Univers, in cui si sottolinea che il friulano «è composto di diversi linguaggi ed ha un certo che di contrario all’aura delle parole italiane».
Con la fine dello Stato patriarcale, nel 1420 l'uso del friulano in campo amministrativo (nelle “carte pratiche”) si riduce sensibilmente, cedendo il posto all'italiano, principalmente nella forma di “tosco-veneto”. Il friulano continua ad essere la lingua parlata tutti i giorni e non viene meno il suo utilizzo in ambito letterario, che anzi cresce e si arricchisce nel tempo.